un articolo di Chiara Vecchi

Anche se non ce ne rendiamo conto, i prodotti cosmetici sono parte integrante della nostra quotidianità: non parlo solo di make-up o creme corpo, ma anche di prodotti come dentifricio e deodorante. Se pensiamo che un adulto utilizza in media 7 cosmetici al giorno* capiamo bene l’impatto che hanno nella nostra vita.  

(*Fonte: https://www.to.camcom.it/sites/default/files/regolazione-mercato/18616_CCIAATO_1652013.pdf)  

Cosa possiamo chiedere all’industria cosmetica? 

Ecco alcune idee! 

1. Dal concetto di Anti-age a quello di Pro-age

Invecchiare è una colpa? 

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Foto di Alena Darmel da Pexels

In teoria no, in pratica… è un po’ più complicato. Sugli scaffali dei supermercati, delle profumerie e anche delle farmacie vediamo tanti prodotti che vantano proprietà “anti-age” e promettono di essere nostri fedeli alleati nella lotta contro i segni del tempo. 

Ma perché dobbiamo lottare contro qualcosa che va di pari passo con la nostra crescita e la nostra maturazione? 

Non potremo avere per sempre la pelle vellutata dei bambini, ma avremo guadagnato esperienze, ricordi, amicizie. Quindi potremmo farci accompagnarci lungo il percorso di vita da prodotti che ci aiutino – semplicemente – a invecchiare “al meglio”, perché l’avanzare dell’età è un processo naturale e inevitabile. 

Da qui nasce il concetto di “pro-age”: la cosmetica ci può aiutare a ridurre, rassodare e minimizzare, ma senza il bisogno di dover nascondere o combattere nulla. 

2. Marketing incentrato sul sentirsi meglio, non sul senso di inadeguatezza 

Anche se le modelle (siamo ancora in attesa dei modelli!) cosiddette “curvy” sono sempre più presenti nelle campagne pubblicitarie, vediamo comunque volti inarrivabili, corpi perfetti e forme fisiche irraggiungibili che tendono a farci provare un senso di inadeguatezza. Di conseguenza, l’acquisto di quel prodotto ci porta inconsciamente a pensare di poter assomigliare di più a quelle immagini. 

In realtà, anche se la cosmesi può fare tanto con applicazioni nel breve come nel lungo periodo (avete mai provato il fantastico effetto quasi immediato dell’acido ialuronico?), si tratta pur sempre di qualcosa di temporaneo. L’accettazione di sé, purtroppo, non si risolve né con una né con cinquanta applicazioni. 

Ma se cambiamo prospettiva, quel prodotto può servire a farci sentire meglio – ad esempio dopo una lunga giornata di lavoro in piedi o prima di un appuntamento importante – perché pone noi al centro, senza fare confronti o insinuando dubbi. 

Facciamo una prova!

3. Più trasparenza sulla bellezza naturale 

“Naturale”, “clean”, “green” sono parole che abbiamo sentito così tanto da essersi svuotate di significato. Cosa c’è dietro queste affermazioni? 

Ricordiamoci sempre che in Italia, così come in Germania, le norme che regolano produzione e commercializzazione dei cosmetici sono estremamente rigorose, possiamo quindi fare acquisti in piena serenità. 

Sta alle aziende riempire le parole che abbiamo nominato prima con fatti, racconti e numeri per farci capire che vogliono fare davvero la differenza per il futuro del pianeta. 

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Foto di Rachel Clairel da Pexels

4. Più voce a coloro che consideriamo “esperti” 

Se avete la caldaia in casa rotta, cosa fate? Suppongo che la maggior parte di voi chiamerà il personale tecnico di un’azienda specializzata, poi seguirete le istruzioni che vi daranno. A volte, in ambito cosmetico si tende a sfruttare la mancanza di informazioni dei consumatori per instillare dubbi e paure su sostanze, principi attivi e metodi di lavorazione.  

Ho un account su Instagram e sono rimasta stupita dalla quantità di dermatologi, soprattutto negli Stati Uniti, che sono molto attivi su questa piattaforma e si rivolgono direttamente a un pubblico come noi, parlando di come prenderci cura della pelle, sfatando falsi miti e ribadendo la necessità di affidarsi a personale esperto. 

Le aziende possono sfruttare le conoscenze e le capacità comunicative degli esperti per informare ogni potenziale cliente, in modo che possa prendere decisioni informate. 

E noi chi ascoltiamo quando dobbiamo scegliere cosa è meglio per la cura del nostro corpo? 

5. Più inclusività 

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Foto di Anna Shvets da Pexels

Anche se sempre più aziende hanno iniziato a prendere in considerazione l’inclusività, la strada da percorrere è ancora molto lunga. 

A livello di immagini e prodotti, troviamo ancora troppo spesso lo stesso modello di persona (donna, con pelle bianca abbronzata, molto magra) che non tiene conto di tutte le sfumature che caratterizzano la vita di oggi. 

Pensiamo a una persona trans gender di pelle nera alla ricerca di un fondotinta o di un prodotto per capelli afro in profumeria o farmacia. Non so fra quante marche potrebbe scegliere. Non è un caso che la maggior parte dei brand rivolti soprattutto a persone con la pelle nera abbiano un grandissimo successo online: le persone hanno cercato altrove quello non erano riuscite a trovare. 

Infine, a livello di linguaggio, si cerca di comunicare a sempre più persone: maschi, femmine, ma anche – e soprattutto – a chi si sente meglio al di fuori da questa dicotomia. La nostra bellissima lingua italiana fa ancora fatica ad incorporare tutto questo, ma lentamente stiamo facendo dei progressi. 

6. Più sincerità sui filtri 

Sapevate che la Norvegia ha approvato una legge secondo cui è necessario dichiarare l’uso di un filtro sui social media (https://www.bbc.com/news/newsbeat-57721080)?  

Anche se questa nuova norma è stata criticata, ci dà l’idea della portata che i filtri possono avere sulla nostra autostima e sul modo in cui percepiamo la nostra corporeità. 

Ricordiamoci sempre che un filtro in sé non ha nulla di male, ma è l’uso che ne facciamo e le emozioni che vi colleghiamo che possono farci male. 

Ora che avete letto le mie proposte, mi farebbe piacere leggere cosa ne pensate voi! 

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Foto di Ivan Samkov da Pexels

Chiara Vecchi 

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Foto: Chiara Vecchi

Chiara è traduttrice dal tedesco e dall’inglese in italiano nei settori bellezza e cosmesi, viaggi e turismo, e salute e medicina. 

Dopo uno splendido anno all’estero a Exeter, in Devon, e la laurea triennale alla Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori (SSLiMIT) di Forlì, Chiara ha trascorso un anno sabbatico lavorando tra Italia e Germania. Ha poi frequentato il Master di traduzione presso l’università gallese di Swansea. Ha lavorato in Italia, Regno Unito e Germania come assistente di marketing, specialista del servizio clienti multilingue, project manager e traduttrice. 

Adesso vive in Italia e lavora come traduttrice freelance. Ama i gatti, le passeggiate in montagna e i saponi che autoproduce nel tempo libero.  

LinkedIn: linkedin.com/in/chiara-vecchi-italian-translator 
Instagram: instagram.com/italian_cosmetics_translator/ 
Sito web: www.chiaravecchi.com  

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